Verità taglienti.

Stavo guardando un video di Cristiano Tomei, mi è venuto da piangere.
Così. 
No, in realtà: Stavo guardando un video di Cristiano Tomei, riflettevo su quanto non mi senta di star crescendo professionalmente in questo momento, ho pensato a lui, a come spero di vederlo tornare a casa stanco di felicità, mi è arrivato un messaggio sul gruppo della brigata, ho sorriso, non ce l'ho più fatta a far ripartire il video di Tomei, mi è venuto da piangere.

Stamattina, verso le 11, mentre stavamo ultimando le preparazioni per il pranzo, ho finalmente pronunciato una domanda che mi sostava in mente da un po'.
Mi sono voltata verso l'ultima arrivata in cucina, 1,50 m di caparbia sensibilità e droghe pesanti, occhi giganti grigio-verdi, un piccolo Opinel appeso all'orecchio destro e perle vere sotto la divisa, e le ho chiesto come fosse finita in cucina.
Avevo annusato che non fosse stata una scelta, ma non ero mai entrata nell'intimo della questione - i confini emotivi sono molto labili, fra cuochi, quasi mai è solo folle passione quella che ci chiude dentro a quelle gabbie dorate che sono le cucine e allungare una padella è spesso il modo più diretto per dimostrare empatia.
Gaia ha fatto una risata di quelle che fanno gli adulti quando chiedi loro di raccontarti una storia dolorosa: - Volevo ballare, non ero abbastanza brava, a un certo punto sono rimasta sola, a Milano, senza soldi e con troppe dipendenze. Mi svegliavo la mattina cercando la bottiglia, non andavo mai a letto lucida. Ho iniziato a fare il lavapiatti in un bar di merda qua dietro, dopo qualche settimana scaldavo piadine e panini. Tramite qualche contatto ho iniziato a girare un po' di cucine come tappabuchi, ho capito che c'era qualcosa in questo lavoro che mi avrebbe salvata. Sai, no?, tutta questa fatica fisica, le ore fuori dal mondo, l'adrenalina che ti spegne i pensieri, il gioco di squadra... anche oggi, voi siete già diventati una famiglia e sono felice quando mi sveglio e so che starò otto ore in cucina con voi a scottarmi e correre.
Mentre parlava io sorridevo, fra me e me: sapevo che avrei trovato una storia del genere, glielo leggo ogni mattina nell'entusiasmo che mette in ogni mossa, in come pela le cipolle a mani nude, in come si osserva i tagli sulle mani e i segni sugli avambracci, orgogliosa.
- E tu, come sei finita in cucina? Parli troppo bene per aver fatto l'alberghiero.
Non mi aspettavo che mi rigirasse la domanda, sono rimasta un attimo in silenzio, continuando a lavare le mie verdure, a disporle allineate sul tagliere, a far cadere la lama perpendicolare, ogni cinque millimetri, tac-tac-tac-tac.
- Verità per verità? Ho smesso di mangiare e ho iniziato a cucinare compulsivamente. Ci credi, che nove-dieci anni fa io sia arrivata a pesare 38 kg? Ora sono sui 62, per farti capire. Non riuscivo più a concentrarmi su nulla che non avesse a che fare col cibo: niente università, niente lavoro, niente relazioni, niente interessi. Sono entrata in cucina 4 anni fa, dopo aver ripreso parecchi chili e molto più contatto con la realtà.
- Ora capisco dove hai imparato tutta questa determinazione.
- Diciamo che il digiuno è abbastanza temprante, sì - ho risposto con ironia, sapevamo entrambe che serve più determinazione per abbandonare un'ossessione, piuttosto che per perdere 20 kg.

Dopo qualche ora, a fine servizio, mentre lei fumava una sigaretta e io mi arrovellavo sugli ordini, dal nulla mi ha chiesto: - Ma scusa, come hai fatto a sviluppare un palato così, se non hai mangiato per così tanto?
Mi sono guardata un attimo le scarpe, concentrandomi sulle macchie che già le segnavano [ho questi tempi narrativi anche nella realtà, sì, forse ho guardato troppi film o letto troppi romanzi, infilo pause ovunque, faccio vagare lo sguardo, cerco particolari da fissare anziché rispondere immediatamente].
- Pensa che ho iniziato a formulare una teoria dopo aver visto Blade Runner, venerdì scorso. Insomma, a un certo punto c'è questa tizia che, a causa di una malattia - non ti spoilero nulla, è stata chiusa dai genitori in un ambiente protetto, dove non viene mai a contatto con niente che sia contaminato. Per incontrare altri esseri umani, ad esempio, lei deve trovarsi dietro a un vetro che la protegga, sempre isolata. Eppure, figurati l'assurdo, è la migliore creatrice di ricordi da riversare nelle memorie costruite dei Replicanti. Cioè, lei crea scene di vita così reali da permettere a individui generati in laboratorio di sviluppare emotività e capacità relazionali - le quali, si sa, si imparano dagli imprinting che riceviamo da piccoli, giusto? Adesso te la ho riassunta in brevissimo, ma il nesso hai capito qual è? Insomma, credo che un certo punto io avessi letto così tanto di cibo, guardato così tante foto, immaginato così tanti gusti che, ora, mi ritrovi con un potenziale archivio di cibi, gusti, ricette, tecniche, sensazioni piuttosto vasto. Non mi chiedere come so che un piatto deve essere bilanciato così, pur non avendolo mai assaggiato. Oppure che la verdura x con la carne y sta benissimo. Forse, è una sorta di karma: qualcosa dovevo trarre da tutto quello schifo.

E stasera sono qui a riflettere sulla direzione da dare alla mia vita, forse l'ennesima. Non ho più abbastanza paura del mondo esterno per obbligarmi alla massacrante vita in cucina. Già ora, otto ore mi pesano, mi annoio, mi distraggo, rimango a cazzeggiare in magazzino, mangio troppe cose che non mi interessano. Soprattutto, non cucino ciò che mangerei e non cucino come sarei capace di.
A che pro, quindi, continuare? Penso di dover trovare un nuovo modo di sfruttare il posto di lavoro dove mi trovo ora, che - nonostante tutto - ritengo valido e dagli ampi orizzonti.
Il come, è tutto da cercare.

A volte mi ricordo perché cucino - e non ha niente a che fare con il lavoro che faccio.


Intanto, scrivere tutto questo è stato un ottimo diversivo per stasera. Casa senza di lui è molto silenziosa, detesto stare al PC mentre mangio, non mi viene nemmeno voglia di cucinarmi qualcosa di decente. Soprattutto, amo stare a casa con lui, la sera, fare le nostre cose da soli sapendo che, comunque, basti allungare una mano o alzare lo sguardo per trovarsi.

Domani è mercoledì, metà settimana. 


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