Imparare dai fiori secchi.

Mi piace la sensazione che mi danno i miei polpastrelli, asciutti e inariditi dalla cucina, con i solchi delle impronte digitali appena visibili, lisciati dalle scottature e dai tagli, su certi materiali, come alcuni tessuti con i ricami particolarmente in rilievo o alcuni legni rugosi, oppure sulla pelle liscia della tua schiena, come se riuscissi a farmi sentire di più, o sulla carta preziosa di quel bigliettino, che ho appena ritirato fuori dal nascondiglio che lo protegge, per rileggerlo, per respirarne le parole, per commuovermi della tua grafia da felino che s'arrampica sugli alberi.

Questi fiori secchi sono così semplicemente belli.
Vorrei scriverlo in maiuscolo, quasi, per rendere la loro bellezza assoluta - perchè, sì, hanno una bellezza assoluta, come tutte le cose autentiche, fragili, protette con cura.
Ogni volta li osservo come se potessero insegnarmi qualcosa.
Essiccare i fiori e preservarne i colori. Fissarli su un foglio di carta pregiata.
Senza possibilità di errore.


La bellezza sta tutta nella cura, vedi? 
Piango ancora un po' ripensando alle ultime ventiquattro ore. 
"Se sbagliassi più e più volte e dovessi riempire di scarabocchi questo foglio, sarebbe brutto da guardare, non trovi?"
Sì, sarebbe forse brutto.
E io ho il terrore che un giorno tu, guardando la nostra storia, pensassi che ci siano un po' troppe cancellature, che la carta sia consumata in qualche punto, l'inchiostro sbavato a rendere illeggibili le frasi più importanti.

Proteggersi. Bisogna.


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