Tornare.

Qualche vita fa avevo un blog.
Diversi, in realtà, ma uno in particolare attirava le attenzioni di qualche centinaio di lettori, così che fosse diventato un impegno fisso nelle mie giornate: scrivevo ricette raccontando di altro, scattavo foto, rispondevo ai commenti e a qualche mail, conoscevo persone, tessevo una rete.
Poi, ho fatto del cibo e della passione per esso, del suo studio e della sua scoperta, il mio lavoro. Abbandonato il blog, sono diventata cuoca, e, nel contempo, altre decine di aggettivi - aspetto inevitabile di quando si cresce, si scoprono spigoli e si limano tratti, si esaltano alcune caratteristiche che si scelgono come adatte a sé, ci si innamora e non si è più davvero soli, non si crede più a molte favole, ma alcuni sogni diventano ancor più determinanti.
Ho lasciato le poetiche sponde del Lago Maggiore e mi sono trasferita a Milano, due anni fa. Allora, in quel settembre confuso e acerbo, ero sola, con giusto un tavolo e una sedia - oltre al letto - ad arredare casa, trascorrevo le giornate a consumarmi in cucine totalmente sconosciute, oppure camminavo. Camminavo, camminavo moltissimo: per tornare a casa dal lavoro, durante igiorni liberi, per elemosinare un po’ di bellezza dalla città, per pensare, per respirare. Camminavo soprattutto per avere tempo, poiché sono sempre stata una di quelle persone che raramente riescono a rimanere ferme a oziare: camminare era il mio tempo libero, riflettere senza fare mi riposava.
Ora è tutto molto diverso. Sembro più una persona, meno un animale selvatico. Non sono più sola. Casa trabocca di mobili e di oggetti, addirittura ci sono già dei ricordi, appuntati di qui e di lì. Frigorifero e dispensa sono spesso pieni, e non contengono più solamente lo stretto indispensabile per le frettolose colazioni di una cuoca. Addirittura, inizio ad accumulare oggetti inutili, mentre negli ultimi cinque anni - costellati da sette traslochi - ero diventata abile a incastrare tutta la mia vita in due valigie e qualche scatolone di libri.
E, nonostante tutto, nonostante si sia spenta la noia adolescenziale, nonostante non abbia più tempo libero da sfogare in wannabe-stream of consciousness, nonostante le mie giornate siano frenetiche e adrenalinicamente sfinenti, mi manca scrivere. Mi manca dare forma e corpo alle frasi che mi si formano in testa, condividere qualcosa che sia più di una foto su Instagram o un tweet.
Quindi arieccomi, a cliccare “pubblica” sulla writing page di Blogger. Senza un tema, senza pretese letterarie, semplicemente per tornare a fare l’unica attività che ho messo in stand-by in questi anni, sacrificandola al resto.

Poi vi spiego anche il titolo, poi.

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