Julienne di carote

Mezzanotte di un venerdì sera.
Salgo senza fretta, stancamente, le scale verso casa tua - quattro piani, non prendo mai l’ascensore.
Mi pesano tutte le delusioni che questa giornata ha portato con sè.
Mentre ti aspetto mi appoggio a un muro, appesa per le spalle strette e tirate su, come se potessero scaldarmi. In sottofondo, un allarme suona, da almeno dieci minuti. Due ragazzi scendono le scale, parlano del loro venerdì sera. Lei ha cappotto e labbra rossi. Lui non lo noto.
Se gli umani non si comportassero così male, non sarei stanca. Lavorare sette su sette per due settimana, 12-14 ore al giorno, con la palestra in pausa, in fondo, non mi priva di energie.
Mi svuotano le persone.
La superficialità. La mancanza di affidabilità. La mai-verità.
Come vorrei essere meno bilancia, nel mio senso del dovere e di ciò che è giusto.

Oggi è stato tutto sbagliato.
Eppure ho qualcosa dentro che non mi sta trascinando giù.Forse, l’analisi serve a questo: a tenersi stretti a quello che non fa male, imparando a lasciar scorrere ciò che ci ferirebbe.
In fondo, di oggi potrei ricordarmi di te, che accorri in mio aiuto. Portandomi anche un libro in regalo.
Baciarti nascosti fra due muri per non farci vedere dai miei colleghi.
Io in divisa e con un guanto arancione dopo la montagna di carote tagliata a julienne.

Io spero solo che saremo capaci.

Commenti

Post più popolari