Venerdì, sera, interno palestra.

Ascolto Aurora Sogna per la sesta volta in 24 ore, mentre sollevo due manubri da 12 kg, 
sdraiata sulla panca piana.
Quando penso a quanto aderenti mi suonassero questi versi, fino a qualche anno fa, 
forse mi viene un po’ da piangere.
Forse.
Non capisco.
Mi spiace per me stessa.

“L’unico senso di colpa che è concesso provare è nei confronti della propria vita”, mi ha detto Gaia, buddhista, stamattina, mentre infilava una lama da 27 centimetri sotto le branchie di un salmone da 28 kg.
Ogni tanto mi fermo a guardarla e sorrido per quanto sia diventata brava, in sei mesi.

Rimetto a posto i manubri, passo al bilanciere. 
Carico 7,5 kg da ogni lato, mi sdraio, seleziono gli XX da Spotify, inizio con i tricipiti.

Temevo di aver perso forza, in questi ultimi mesi. 
Questa settimana mi sono focalizzata nuovamente sui carichi, tornando a sollevare  gli stessi pesi di dicembre, anche superandoli in certi esercizi.
Paradossalmente, fare cardio a inizio allenamento, anziché alla fine,
mi dà l’adrenalina per lavorare meglio coi pesi.
Probabilmente qualche tecnico - o anche solo tu - mi smentirà, ma una parte di me continua a pensare che il corpo stia tutto nella testa, che se decido di avere energia alle 23 di sera, avrò energia a quell'ora, nonostante non stia dormendo a sufficienza, nonostante il lavoro, sempre nonostante.

E, poi, la palestra vuota e tutta per me è così liberatoria.
Non dovermi occupare degli altri. Non dover evitare gli sguardi. Non avere l'attesa di qualcuno a mettermi fretta mentre eseguo un esercizio.

Passo ai Massive Attack mentre cambio il carico, per allenare i bicipiti.
Non capisco come abbia sempre più forza nel muscolo sinistro, piuttosto che in quello destro.
Mentre sollevo mi guardo allo specchio.
Ogni volta che inizio a ragionare sul motivo per cui faccio sport da tutta la vita mi perdo in dietrologie che non hanno nulla a che fare con fattori estetici.
Forse dovrei scriverne.

L'altra sera, una più-che-ex-collega che non vedo da almeno tre anni, mentre chiacchieravamo su Direct, mi ha detto: "Finalmente ti metti a scrivere?". Parlavamo di progetti futuri.
Ho sorriso tristemente, spento lo schermo dell'iPhone, le ho risposto dopo qualche minuto cambiando argomento.

Mi sto tenendo quella canzone per quando uscirò e pedalerò attraverso le strade deserte, a ritmo non troppo sostenuto, respirando, con la giacca un po' aperta per sentire l'aria.
Ho bisogno di momenti in cui stare da sola e della consapevolezza di non esserlo.

In questi giorni c'è qualcosa di strano nell'aria.
Sarà la primavera.
Sarà che non mangio zuccheri da nove giorni e mi sento iperlucida.

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