3.30 am

E intanto osservo i capelli sfibrarsi, la pelle cambiare, i muscoli tesi perdere definizione, la fatica aumentare, la tristezza spegnere tutto, le ore a intrappolarmi in labirinti mentali, gli auricolari senza musica, la bellezza inutile della città nelle ore in cui anche le piazze sono sole, la Galleria illuminata e svuotata - come la sala di un cinema alla fine del film -, la mancanza di senso che scandisce la mia pedalata, mentre come ogni mattina e ogni sera aspetto solo che qualcosa mi salvi, che qualcuno mi salvi, che mi estrapoli di peso dalla mia condizione, che zittisca ogni pensiero, anestetizzi ogni dolore, che renda l’amare trasparente e innocuo l’essere amata, che mi dia una soluzione, una strada, una - Dio, una - idea di che cosa io sia, di quale sia il mio destino, che mi renda libera da me stessa e dalle colpe e dai vuoti e dalla pesantezza e da tutte le volte che non ho voluto esserci, occupare spazio, avere una voce, decidere, chiedere, pretendere, essere riconosciuta.

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